Il 19 marzo 1997 veniva costituita l'Associazione Un Progetto al Femminile, ma la sua storia è più lunga.
Un Progetto al Femminile nasce come gruppo di volontariato nel febbraio 1992 per iniziativa di sette volontarie, impegnate nell’ascolto di persone straniere presso la Parrocchia Gesù Redentore e altre Parrocchie della zona, che si sono interrogate su come poter concretamente affrontare il problema delle donne immigrate che venivano a chiedere aiuto. Anziché limitarsi ad un intervento economico si sono messe al fianco di quelle donne per intraprendere un cammino diverso e non ancora sperimentato, avviando un corso di economia domestica destinato a donne straniere e a donne italiane con particolari problemi sociali e familiari.
Da allora l’Associazione ha progettato, articolato e rimodulato percorsi e opportunità adeguandoli nel tempo ad esigenze e situazioni in cambiamento e, in parallelo, ha elaborato materiali didattici, dispense in lingua italiana facilitata, schede di valutazione formativa.
Riproponiamo l’articolo di Stefano Passaggio, scritto in occasione dei 20 anni dell’associazione.
A Mirafiori Nord, un progetto femminile che dura da vent’anni
di Stefano Passaggio da La Voce
In queste settimane ricorrono i venti anni dalla fondazione dell’ associazione “Un progetto al femminile”
In queste settimane ricorrono i venti anni dalla fondazione dell’ associazione “Un progetto al femminile”, ma, in realtà, sono ormai venticinque gli anni che questo progetto agisce. Infatti, già nel 1992 il Consiglio Pastorale della parrocchia di Gesù Redentore in Torino si interrogava su quali risposte dare alle donne, prima italiane e poi anche straniere, via via più numerose, che venivano a bussare al Centro di Ascolto parrocchiale. In quella periferia popolare, una volta anche operaia, cresciuta all’ombra del grande stabilimento di Mirafiori, per effetto degli allora recenti crolli di muri decennali (che qualcuno oggi tenta –ahinoi- di ricostruire), si rivolgevano, per un sostegno, alla parrocchia le prime cittadine dell’ Europa dell’ Est, alle quali si aggiunsero, presto, anche persone provenienti da paesi di altri continenti ed anche di altre religioni, o senza religione.
Un progetto pastorale, attento alle necessità di quel territorio, non poteva fermarsi ad un primo intervento di emergenza, ma avrebbe dovuto cercare di rimuovere il più possibile le cause che creavano povertà ed isolamento, a partire dalla scarsa conoscenza della lingua italiana e dall’assenza di un lavoro. Quindi, anziché limitarsi ad un aiuto economico, i volontari, prevalentemente donne, si sono messe al fianco di queste persone per intraprendere un cammino diverso ed innovativo, avviando percorsi di integrazione destinati a straniere, ma anche ad italiane con particolari problemi sociali e familiari. Da allora, prima il gruppo e poi l’Associazione, hanno progettato, articolato e rimodulato percorsi ed opportunità di crescita, adeguandoli nel tempo alle esigenze e alle situazioni in cambiamento, elaborando anche i materiali didattici, le dispense in lingua italiana facilitata, le schede di valutazione formativa,...
Poi, conosciuto il linguaggio, bisogna conoscere anche i costumi locali, in quanto un conto è cucinare con gusti rumeni o nigeriani, un conto è farlo per italiani; un conto è gestire una casa in Perù o in Siria, diverso è farlo in Italia: non è questione di classificare cosa sia meglio, ma sono, semplicemente, diverse le abitudini e differenti le tradizioni e gli usi. Sono perciò seguiti i corsi di cucina, quelli di economia domestica, dei primi rudimenti per assistere persone non autosufficienti, e così via,…. Infatti, lo scopo del “Progetto al femminile” è promuovere, coordinare, indirizzare e svolgere ogni azione socio-culturale diretta ad accogliere ed assistere donne italiane e straniere, al fine di favorirne l’inserimento nel tessuto sociale, lavorativo e culturale, nel pieno rispetto delle diverse entità etniche, culturali e religiose, in un dialogo aperto e senza pregiudizi, anzi valorizzando le peculiarità etniche e personali.
In questi anni sono state accompagnate donne immigrate, donne vittime della tratta, donne italiane in difficoltà, proponendo loro di frequentare, fra le diverse attività, quelle più adeguate alle loro esperienze precedenti, alle loro attitudini o comunque ai bisogni e alle attese che manifestavano. Complessivamente, le persone che hanno frequentato questi corsi, dal 1992 al 2016, sono state circa 2.200, per la quasi totalità straniere: "Scuola di italiano", oltre 800; "Preparazione alla collaborazione domestica e alla cura degli anziani in famiglia”, 700; e, in collaborazione con altre istituzioni territoriali, quali “Donne & Anziani – Rete Solidale nella Circoscrizione 2”, oltre 450; ciascuno dei due "Spazio Anziani" e "Aliante" circa 100 ciascuno. A queste sono da aggiungere coloro, circa 4600, che si sono rivolte all'Associazione in cerca di ascolto e orientamento in merito alla ricerca del lavoro e ai problemi legati alla casa, alla scuola dei figli, ecc. Sono cifre imponenti, per una realtà composta solo da volontari, diciassette all’inizio e fino a settanta, nei periodi più “caldi”, quasi tutte donne a loro volta.
Molti sono state, e saranno, le iniziative per ricordare questi anni di attività e per raccogliere fondi a sostegno: lo spettacolo teatrale “I giardini di Lea” della compagnia “inDubbiamente”, del 26 marzo scorso e il concerto del “Coro d’ argento”, il coro delle donne per la difesa della società civile, di San Salvario, sabato 6 maggio alle ore 16, nei locali della parrocchia del Redentore, in piazza papa Giovanni XXIII.
E’ stato anche realizzato un video di sette minuti, che racconta le testimonianze dei fondatori, delle volontarie e di alcune persone aiutate. Particolarmente originale è, infine, la pubblicazione di un ricettario di piatti stranieri, suggeriti dalle “allieve” dei corsi di cucina, una forma di “reciprocità” culinaria, in quanto abbiamo tutti qualcosa da imparare.
Stefano Passaggio